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Enforcement nel mercato virtuale globale

Enforcement nel mercato virtuale globale - ARKONSULT

Enforcement nel mercato virtuale globale: quando un disegno comunitario può in parte sopperire ai limiti del portafoglio marchi

 

E’ purtroppo noto che i costanti inviti dei Consulenti in P.I. alle Imprese ad adottare con sistematicità i diversi istituti della Proprietà Industriale allo scopo di proteggere ogni forma di creatività/distintività di valore vengono percepiti soprattutto dalle Piccole e Medie Imprese come richiesta di consistenti investimenti e, pertanto, valutati sovente se non con diffidenza quanto meno con scetticismo.

Qualsiasi valutazione quindi circa la tutela dei diritti in P.I. quale unica possibile strategia per confrontarsi e difendersi in un contesto di crescente e più agguerrita competitività globale talora appare disincentivata dalle resistenze opposte che hanno quasi sempre la loro causa in motivazioni di tipo economico.

Il caso che segue rappresenta un esempio emblematico di quanto tale atteggiamento sia improduttivo se non addirittura controproducente non solo per Società di dimensioni medio grandi ma anche per le realtà più piccole.

Qualche tempo fa veniamo contattati da una Società nostra cliente operante nel settore metalmeccanico già titolare di un marchio nell’Unione Europea.

Tale Società lamenta che un proprio partner commerciale cinese, già rivoltosi all’Azienda per avviare un contratto commerciale di fornitura di materiale meccanico, ha depositato a nome proprio in Cina a insaputa della nostra cliente un marchio affatto identico a quello della nostra cliente per identici prodotti. Purtroppo in Cina il marchio della ns. cliente non è stato depositato.

In effetti, sapendo dell’impegno commerciale della ns. cliente in estremo oriente, ci permettiamo di ricordare di aver fatto presente più volte in precedenza l’opportunità di registrare il marchio quanto meno in Cina ben consapevoli del vantaggio competitivo che tale registrazione avrebbe comportato. Tale iniziativa, assunta per tempo, avrebbe evidentemente scongiurato l’eventualità poi purtroppo verificatasi di attirare l’interesse di potenziali partners commerciali fino a consentire ad uno di questi di avvantaggiarsi della registrazione del marchio in quel paese a nome proprio.

I termini per una possibile opposizione non sono ancora scaduti, pertanto chiediamo all’azienda di fornirci quante più prove possibili attestanti i contatti commerciali intercorsi al fine di valutare un’opposizione amministrativa all’Ufficio Marchi Cinese alla domanda del soggetto cinese fondata, in mancanza di altri argomenti, sulla malafede.

Ottenuto il benestare della ns. cliente, ci rivolgiamo perciò al ns. corrispondente cinese al quale mandiamo tutta la documentazione raccolta consistente prevalentemente nella corrispondenza intercorsa via posta elettronica tra i due soggetti a riprova del fatto che la Società cinese conosceva la realtà commerciale della ns. cliente ed aveva quindi agito in malafede.

Tali argomenti non riscontrano tuttavia il favore dell’Ufficio cinese che rigetta l’opposizione. Pur trovando discutibili le motivazioni della decisione siamo tuttavia consapevoli che insistere a perseguire il contraffattore avrebbe portato l’azienda a dover affrontare un ricorso avanti un tribunale cinese dai costi elevatissimi e dall’esito altrettanto incerto. Costi e rischi che la ns. cliente non è disposta ad assumere.

Qualche tempo dopo la medesima azienda ci contatta in quanto ha riscontrato sul portale internet madeinchina.com diverse inserzioni commerciali, circa una ventina, di componenti meccaniche che riproducono in toto in varie versioni e colori una medesima componente messa a punto dalla nostra cliente. L’azienda intenderebbe risalire a tutti gli inserzionisti, presenti anche con nomi diversi, e a diffidarli ad immettere in commercio prodotti identici ai propri sempre sulla base della malafede.

Facciamo le debite verifiche avendo tra l’altro presente che tale componente meccanica è stata oggetto di registrazione come modello comunitario qualche tempo addietro ed è tuttora in vigore.

La strategia che proponiamo quindi non prevede di risalire a tutti gli inserzionisti e diffidarli singolarmente, attività che oltre a comportare notevole dispendio di tempo sarebbe stata dall’esito più che incerto.

Sulla base della nostra esperienza difatti rintracciare un contraffattore in Cina non è affare semplice dato che dietro al nome di una Società, spesso irreperibile, si nasconde un’altra società, e poi un’altra, e così via, rendendo particolarmente difficoltoso risalire all’effettivo soggetto responsabile della contraffazione.

La nostra strategia comporta piuttosto di prendere contatto direttamente con il gestore del portale madeinchina.com che prevede tra le altre la possibilità per i titolari di fare valere diritti di Proprietà Industriale qualora si avvedano di inserzioni di prodotti che violano tali diritti. Preventivamente assumiamo informazioni sulla struttura societaria del portale ove si rendesse necessario assumere azioni di tutela più incisive.

D’accordo con l’azienda indirizziamo quindi al portale tanti complaints quanti sono i modelli oggetto delle inserzioni trasmettendo per ciascuno la documentazione comprovante il diritto della nostra cliente. In tali comunicazioni richiediamo la rimozione immediata delle inserzioni oggetto di contestazione minacciando azioni di rivalsa allorquando non venissero intraprese azioni in tale senso.

Appare rilevante il fatto che il diritto da far valere nei confronti del gestore cinese è comunitario, ma è noto che internet rappresenta una rete globale senza confini geografici: il portale è visibile anche dall’Europa, pertanto l’ipotesi che tali prodotti contraffatti raggiungano attraverso una vendita on line il mercato europeo è tutt’altro che remota.

Tant’è che nel fare di due/tre giorni otteniamo risposta dal portale il quale riferisce di avere provveduto in un colpo solo alla completa rimozione di tutte le inserzioni contestate. Verifichiamo e non troviamo effettivamente più traccia di tali inserzioni.

Che dire ? Attento monitoraggio del mercato, strategia efficace, una controparte seria ed affidabile, ma soprattutto diritti registrati e in vigore: ingredienti indispensabili per mettere a punto azioni di enforcement di successo, rapide e il più delle volte poco dispendiose.

Casi del genere non sono più rari; con l’aumento vertiginoso dell’uso di internet come strumento di comunicazione e di leva commerciale per le aziende, pressoché tutti i principali portali internet nonché social media sono attrezzati a trattare casi del genere e numerosi sono i reclami di questo tipo andati a buon fine.

Si tratta quindi di strumenti preziosi a disposizione dei titolari di diritti che dovrebbero indurre le aziende ad affidarsi con maggiore fiducia e convinzione alle forme di tutela disponibili sia a livello nazionale sia internazionale, non soffermandosi solo sull’investimento iniziale ma valutando tutti i possibili vantaggi discendenti dall’opportunità di azionare i propri diritti non necessariamente per via giudiziaria con il risparmio in termini di tempo e denaro che ne consegue. 

Dr. Anna Carmignato (Articoli IP da Operatori - Guida Convey - Italia Oggi 2017)

Prassi UAMI e direttive CE sulle denominazioni d'origine

Prassi UAMI e direttive CE sulle denominazioni d'origine - ARKONSULT

Prassi UAMI e direttive CE sulle denominazioni d'origine: criticità emerse nel caso PARMIGIANO REGGIANO®/GRANOREGGIO

Talora la prassi dell’UAMI appare controversa nel valutare il conflitto di marchi successivi con diritti anteriori tutelati come marchi registrati e come denominazioni d’origine secondo le direttive CE in materia, in primis, il regolamento CE 2081/92 e la direttiva CE 510/06. Il caso in esame appare in effetti emblematico. Trattasi della decisione del 30/06/2010 nella opposizione No. B1165135 che vedeva il Consorzio del Parmigiano Reggiano opposto ad una Società tedesca titolare della domanda comunitaria del marchio GRANOREGGIO tra gli altri per formaggi, latte e derivati (cl.29). L’opposizione si basava sul conflitto con precedente denominazione d’origine protetta (art. 8.4 Reg. 40/94/CE) e con marchio notorio (art. 8.5 Reg. cit.), e non ultimo sul rischio di confusione e associazione tra marchi simili per prodotti identici e affini (art. 8.1.b cit.).

L’opponente si riferiva anche al marchio GRANA PADANO® in base all’art. 13 della dir. CE 510/06 cit. che dispone la tutela delle denominazioni registrate contro “qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, … o alle qualità essenziali dei prodotti…” (lettera c) e “qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti ” (lettera d). Il marchio opposto nelle sue componenti GRANO e REGGIO evocava rispettivamente GRANA (PADANO) e PARMIGIANO REGGIANO (l’enfasi è della scrivente), inducendo a pensare che formaggi e alimenti a marchio GRANOREGGIO fossero costituiti da miscele di prodotti a marchio GRANA PADANO® e PARMIGIANO REGGIANO®, risultando suscettibile di creare un legame tra denominazioni d’origine distinte e perciò ingannevole. L’opponente considerava che ogni componente della denominazione d’origine PARMIGIANO REGGIANO® è tutelata e pertanto un semplice confronto tra marchi sarebbe dovuto bastare per l’accoglimento dell’opposizione. A ciò si aggiungeva la notorietà della denominazione PARMIGIANO REGGIANO® evocata nel marchio opposto nella componente –REGGIO con chiaro riferimento alla città di Reggio Emilia, sede del Consorzio nonché area di produzione del formaggio stesso. In relazione ai prodotti, poi, l’opponente invocava una protezione estesa che comprendeva anche le altre classi rivendicate dal marchio opposto (30 e 31) sulla base della citata dir. 510/06, art. 13 lettere b,c,d. Non v’era dubbio che alimenti marcati GRANOREGGIO potessero essere dannosi alla fama del marchio PARMIGIANO REGGIANO® creando un ingiustificato legame tra marchi e traendo un indebito vantaggio dalla qualità e notorietà del marchio anteriore.

Rispetto a tali argomenti, il giudizio dell’UAMI appare almeno discutibile. L’opposizione infatti è stata respinta per assenza di rischio di confusione sia di gran parte dei prodotti sia dei marchi giudicati differenti dal punto di vista fonetico e concettuale; la notorietà respinta per insufficienza di prove; respinto anche il rischio di confusione in base alle direttive comunitarie su denominazioni d’origine e indicazioni geografiche. In particolare, su questo punto “una denominazione protetta è evocata ove il termine usato per designare quel prodotto…contiene lo stesso numero di sillabe, con il risultato che la somiglianza fonetica e visuale… risulta evidente…Nel presente caso, … L’Ufficio ritiene che le somiglianze non siano sufficienti per la sussistenza dell’”evocazione” …infatti…non sussiste somiglianza fonetica tra i segni” (Dec. Opp. B1165135 cit., p. 15).

Gli aspetti critici di tale decisione sono tutti di interesse. Ciò che preme sottolineare qui è il concetto di “evocazione” sul quale l’Ufficio appare essersi espresso in modo sommario e che la componente “PARMIGIANO” sia la sola meritevole di tutela, laddove la direttiva CE 510/06 cit. ritiene tutte le componenti di una denominazione d’origine protette in ugual misura. In tale senso, i passi intrapresi dall’UAMI quali la pubblicazione degli elenchi di prodotti alimentari e agricoli protetti da direttive comunitarie così come di casi della Corte di Giustizia su denominazioni d’origine e indicazioni geografiche appaiono incoraggianti e tesi ad una maggiore cognizione di diritti tanto rilevanti quanto strategici in particolare per un paese come l’Italia.

Dr. Anna Carmignato (Articoli IP da Operatori - Guida Convey - Italia Oggi 2015)

 

Un caso di successo nel contrasto alla contraffazione

Un caso di successo nel contrasto alla contraffazione - ARKONSULT

 Tutela preventiva anticontraffazione di modello comunitario

 Una efficace attività preventiva di tutela di brevetti, modelli e marchi da parte delle aziende supportata, da un lato, da attività di controllo del mercato e di intelligence delle aziende e, dall’altro, dalla tempestiva assistenza tecnico-legale del Consulente in Proprietà Industriale, favorisce risultati di successo a costi sostenibili che di norma si considerano difficilmente raggiungibili. Il caso qui descritto ne è un esempio concreto. 

La vicenda vede i seguenti attori: una PMI Italiana produttrice di giocattoli (PINCO), un’azienda dell’estremo Oriente (PALLO), un paio di distributori europei, il nostro Studio di Consulenza in Proprietà Industriale. 

PINCO si rivolge al ns. Studio in vista di un’importante fiera del settore in un Paese Europeo in quanto preoccupato dell’attività commerciale del concorrente PALLO. Infatti PALLO, già cliente di PINCO, ha avviato la produzione autonoma di articoli di PINCO apportando insignificanti modifiche al prodotto originale tali da non modificarne l’aspetto generale. 

PINCO è informato che PALLO ha intenzione di introdurre tali prodotti in Europa a breve. Ciò desta molte preoccupazioni tenuto conto che PINCO in Europa vanta dei diritti di esclusiva. I prodotti oggetto dell’attività illecita di PALLO sono infatti registrati come modelli comunitari. 

Suggeriamo a PINCO di sentire un collega locale del Paese dove ha luogo la fiera, che chiameremo X il quale, previamente informato della situazione da noi, assista PINCO nel caso in cui PALLO venga in fiera direttamente e/o attraverso un distributore europeo. Il Collega X segnala l’opportunità di attivare il Giurì della fiera in caso di necessità. Illustriamo a PINCO tale opportunità mettendolo nelle condizioni di poter reagire in caso di esposizione dei prodotti contraffatti. 

La fiera in questione inizia di martedì e termina la domenica successiva. Dalla settimana precedente, abbiamo già messo sull’avviso il collega X per un eventuale intervento nel corso della fiera. 

I primi giorni della fiera trascorrono tranquilli pertanto deduciamo che PALLO non sia presente. 

Il venerdì in tarda mattinata, riceviamo una telefonata concitata di PINCO che è ancora in fiera. PINCO ci comunica di aver saputo che un distributore europeo esporrà il prodotto di PALLO ad un’altra fiera in altro Stato europeo in avvio la domenica successiva. Per il momento non disponiamo delle informazioni sull’identità dell’espositore. 

Viste le circostanze, contattiamo senza indugio un collega sul posto che chiameremo Y il quale è disponibile ad assisterci non appena disporrà dei dettagli. 

La giornata trascorre senza ricevere le informazioni che ci necessitano per programmare un qualche intervento di tutela. 

Sono ormai oltre le 17 quando finalmente il distributore di PINCO sul posto ci contatta per fornirci i dati dell’espositore. La fiera inizia la domenica, ci sono ancora alcuni dettagli da appurare e ormai è tardi per chiedere l’intervento del collega Y… 

Il sabato mattina torniamo in Ufficio certi di poter fare ancora qualcosa per PINCO. 

Contattiamo PINCO che, comprensibilmente, è amareggiato perché convinto di non potere più tutelarsi data l’imminenza dell’evento. Proponiamo di indirizzare subito una lettera di diffida al distributore che esporrà il prodotto di PALLO intimandogli di cessare e desistere dall’esporre il prodotto in palese violazione dei diritti di PINCO minacciando un’azione legale in caso di rifiuto. Tale lettera coglierà di sorpresa l’espositore creandogli più di qualche scrupolo tenuto conto che è sabato e difficilmente troverà qualcuno disponibile ad assisterlo. 

La lettera viene inviata entro la mattina del sabato. Nel pomeriggio dello stesso giorno, riceviamo la risposta dell’espositore il quale, pur tra le rimostranze, dichiara che non esporrà il prodotto. 

Nei giorni seguenti PINCO ci informa che persone di fiducia si sono recate in fiera per verificare la situazione e hanno confermato il mantenimento dell’impegno dell’espositore. 

Quindi, molteplici fattori quali tutela delle proprie creazioni, attenzione al mercato e controllo dell’attività dei concorrenti, rapporto di fiducia con il Consulente in Proprietà Industriale, tempestività di quest’ultimo ad agire negli interessi del Cliente in condizioni di estrema urgenza, fanno sì che una situazione spinosa da affrontare se non tramite una onerosa azione giudiziaria possa risolversi positivamente e a costi più che contenuti. 

Dr. Anna Carmignato - (Articoli IP da Operatori - Guida Convey - Italia Oggi 2013)

Brand-Protection e Internet - l'opinione dei nostri Esperti

Brand-Protection e Internet - l'opinione dei nostri Esperti - ARKONSULT

Qui di seguito l’intervista rilasciata dalla Dr. Anna Carmignato, Consulente europeo in Proprietà Industriale – sezione Marchi e Modelli – nel 2014, che è stata una delle relatrici del RoadShow Brand-Protection nella Net Economy, istituito dal Comitato Imprenditoria Femminile di Padova promosso dalla CCIAA di Padova e premiato nel 2015 tra i “Progetti per le Donne” durante l’EXPO di Milano.

“A chi è rivolto il Roadshow Brand-Protection nella Net Economy, chi dovrebbe partecipare ?
Aziende che intendono conoscere meglio gli strumenti a disposizione per lanciare, potenziare e salvaguardare la propria identità nella rete, quindi Imprese già avviate e Start Up.

Perché è importante lanciare questo Roadshow in questo momento? Ci sono delle novità ?
Internet, con le aumentate opportunità di visibilità grazie a canali immediati sempre più popolari (come i Blog ed i Social Network) rappresenta ormai un passaggio obbligato per il business aziendale: soprattutto in questo momento, in una fase di forte espansione degli spazi che rappresenta la maggiore novità destinata ad introdurre una nuova era digitale, bisogna saperlo valorizzare consapevoli delle enormi potenzialità di sfruttamento – ma anche dei rischi – che può presentare.

Di cosa si occuperà specificamente nel suo intervento ?
Il mio compito principalmente sarà di attirare l’attenzione sull’importanza della valorizzazione e tutela dei marchi aziendali in un’ottica di “sfruttamento” dell’asset marchio nella rete. Il marchio è il biglietto da visita di ogni Azienda, grande o piccola che sia:  è quello che la quasi totalità dei “naviganti” digitali cerca nella rete, quindi bisogna saperlo salvaguardare adeguatamente per evitare di incorrere in violazioni e/o perdite di diritti decisamente dannose.
Tratterò quindi dei nomi a dominio e dei rapporti tra questi e i marchi.

Quale messaggio vorrebbe che arrivasse quindi a imprenditori e addetti ai lavori aziendali?
L’auspicio è che le Imprese prendano sempre più coscienza del fatto che il proprio “saper fare” viene e verrà sempre più promosso attraverso strumenti virtuali: ciò che una volta si comunicava “fisicamente”, oggi si comunica sempre più attraverso internet. Si tratta di un processo inesorabile dovuto all’affermazione dei social media quale strumento più semplice e immediato di comunicazione, alla globalizzazione (internet ha abbattuto i confini !) e, non ultimo, alla necessità di abbattere i costi di gestione mai impellente come in questa fase storica. Questo fenomeno è in rapidissima evoluzione e bisogna non farsi cogliere impreparati.
Un’identità digitale ben strutturata, asset immateriali (marchi, design, brevetti, know how) ben tutelati e comunicati ad un destinatario che da virtuale deve diventare concreto, sono le risorse vincenti in questo momento e bisogna saperle sfruttare a dovere.

Quale ritiene sia il ruolo del Consulente Marchi e Brevetti in questo processo?
Naturalmente quanto detto per le Imprese sulla necessità di stare al passo con i tempi vale anche per le figure professionali come la mia. ll ruolo del Consulente Marchi e Brevetti che è principalmente quello di affiancare l’Impresa nelle scelte da attuare in relazione a valorizzazione  e tutela degli asset immateriali diventa, secondo quanto detto sopra, sempre più rilevante e strategico.  A mio modo di vedere, l’obiettivo di crescita dell’identità digitale delle Imprese non può prescindere dalla presa di coscienza del patrimonio immateriale aziendale costituito da marchi, design e know-how e in questo il Consulente Marchi e Brevetti ricopre un ruolo di primo piano.